“Shì fēi” viene spesso semplificato con il concetto di “giusto o sbagliato”. Tuttavia, il termine implica sotterfugi, la trasformazione del vero in falso e del nulla in qualcosa.
Evocare “shì fēi” significa parlare di rancori, attriti, che possono sfociare in dispute, conflitti e faide accese. Per questo, la parola stessa incute timore e il consiglio comune è di “evitare le dicerie”, “non alimentare pettegolezzi” e “non dare ascolto alle malelingue”. Nonostante una vita improntata alla compassione e alla tolleranza, è difficile sfuggire completamente alle dicerie. Persino su Facebook, un mondo virtuale, abbondano pettegolezzi e controversie che possono portare a conseguenze dolorose. Per evitarli, forse bisognerebbe vivere in eremitaggio, come il poeta Nguyễn Trãi:
Tra bambù e susini i giorni scorrono,
Lontano dalle dicerie, in un luogo di pace.
Un proverbio cinese recita: “Meno si conosce del mondo, meno si soffre; più persone si conoscono, più dicerie si incontrano”. Per questo, alcuni cercano di “isolarsi dalle preoccupazioni” in modo estremo, evitando giornali e televisione per mantenere la mente serena! Nella vita, più si socializza, più si è esposti alle dicerie, è inevitabile. Un esempio lampante è il dibattito.
Due criteri fondamentali nella vita, pilastri di ogni società dall’alba dei tempi, sono il giusto e lo sbagliato. Eppure, distinguere tra i due è un’impresa infinita per l’umanità. Il poeta Tú Xương scrisse: “Giusto o sbagliato, sono questioni millenarie”. Se A ritiene Z giusto, B potrebbe affermare il contrario. Qual è la verità? Nella vita quotidiana, manca un metro di giudizio universale. Se chiediamo a C di arbitrare, se concorda con A, Z sarà considerato giusto. Ma lo è davvero? Se C si schiera con B, Z sarà sbagliato. Ma è davvero così? Senza contare che se C non concorda né con A né con B, la situazione si complica ulteriormente!
Un antico detto recita: “Trasformare il ferro in oro è più facile che convincere qualcuno ad abbandonare le dicerie”. Trasmutare il ferro in oro è pura fantasia, eppure è più semplice che dissuadere dal pettegolezzo. Abbandonare le dicerie è un’impresa ardua, quasi impossibile. Questa affermazione, apparentemente profonda, cela una contraddizione. Consigliare di abbandonare le dicerie significa, implicitamente, alimentarle! Un circolo vizioso senza fine.
Nonostante la complessità del termine, il linguaggio popolare lo utilizza con maestria e un tocco di umanità. “Shì fēi” si traduce in “phải không”, utilizzato per indicare le formalità sociali. “Giusto o no?” “Shì” significa giusto, corretto; “fēi” significa no, sbagliato. Una traduzione letterale e geniale. Da “shì fēi” a “phải không”, una trasformazione sorprendente. La vita sociale è fatta di interazioni. In una società che dà importanza alle convenzioni come quella orientale, la cultura dell’interazione si manifesta attraverso i doni. Matrimoni, funerali, visite… in generale, le interazioni sociali e le relative spese sono definite “phải không”. Più persone si conoscono, più “phải không” si accumulano. Come recita il proverbio: “Più persone si conoscono, più dicerie si incontrano”. “Shì fēi” si trasforma in “phải không”, ovvero il “dovere sociale”.
Se “shì fēi” genera confusione e tormento, “phải không” arricchisce la cultura dell’interazione sociale. L’unico inconveniente è che questa bellezza spesso alleggerisce le nostre tasche, già di per sé non troppo piene!