Cos’è il Tham Sân Si nel Buddismo?

Febbraio 16, 2025

Tham, sân e si sono i tre veleni fondamentali nel Buddismo, noti come i Tre Veleni, la radice di tutta la sofferenza e l’infelicità nella vita.

Tham (Avidità):

“Tham” è l’avidità, il desiderio eccessivo, l’attaccamento, il piacere di avere in abbondanza cose che ci piacciono come denaro, bellezza, fama… L’avidità non conosce sazietà, più viene soddisfatta più aumenta. Avidità per sé stessi, poi avidità per i propri cari, la nazione, la società. A causa dell’avidità, l’umanità lotta e si uccide a vicenda. Le persone avide spesso invidiano coloro che hanno successo.

Se si ha un cuore avido, bisogna “coltivare la mente” immediatamente, bisogna praticare la “moderazione e la contentezza”. Moderazione significa desiderare poco, contentezza significa sapersi accontentare. Chi è moderato e contento vive una vita semplice, nobile e sicura perché si accontenta di ciò che ha. Bisogna ridurre l’avidità per raggiungere il “non attaccamento”. Non attaccamento significa assenza di avidità.

Nella vita, ci sono cinque piaceri sensuali che le persone desiderano di più: ricchezza, bellezza, fama, cibo e sonno. Questi “cinque desideri sensuali”, in realtà, portano poca gioia e molta sofferenza. L’avidità di denaro porta a lavorare duramente, a volte anche con mezzi disonesti per appropriarsene, e quando lo si perde si soffre. Per quanto riguarda la bellezza, si dovrebbe contemplare il corpo come impuro, l’avidità di bellezza spesso porta a intrighi e peccati per soddisfare il desiderio. L’avidità di fama e potere porta a umiliarsi e a soffrire mentalmente. L’avidità di cibi prelibati porta a malattie incurabili, stanchezza fisica e vita breve. L’avidità di sonno rende la mente ottusa. Questi cinque desideri sensuali sono le cause che legano la vita umana al ciclo di nascita e morte, alla reincarnazione e alla degradazione.

Si narra che un uomo ricco senza figli, morendo, lasciò un’enorme fortuna. Il re ordinò che i suoi beni fossero confiscati dal tesoro reale e andò a consultare il Buddha. Il re raccontò la storia al Buddha e osservò che, sebbene il ricco vivesse vicino al Buddha, non gli aveva mai offerto l’elemosina. Il Buddha colse l’occasione per raccontare la vita precedente del ricco, che aveva fatto del bene offrendo l’elemosina a un Buddha del passato, ma poi si era pentito del suo gesto e aveva commesso il crimine di uccidere il nipote per impadronirsi dell’eredità del fratello. Il Buddha insegnò che la ricchezza e i beni materiali danneggiano solo gli stolti.

Sân (Rabbia):

“Sân” è la rabbia, la furia, l’impazienza, l’odio quando non si è soddisfatti o non si ottengono i propri desideri. L’indignazione per essere stati offesi porta a commettere azioni sbagliate. Dopo la rabbia, rimane il rancore e si cerca l’occasione per vendicarsi.

La rabbia nasce dall’attaccamento all'”io” o al “mio”. Se qualcuno insulta o critica qualcun altro, non ci arrabbiamo, ma se qualcuno insulta o rimprovera noi o i nostri cari, o danneggia i nostri beni, ci sentiamo immediatamente a disagio. Quando il disagio aumenta, si trasforma in rabbia. Ma dovremmo ricordare che in questo mondo nessuno può evitare di essere rimproverato o criticato, è difficile evitare le chiacchiere della gente.

Bisogna coltivare la mente per raggiungere la “non rabbia”. Non rabbia significa assenza di impazienza e rancore. Gli esseri viventi sono soggetti a innumerevoli cicli di nascita e morte proprio perché non riescono a superare la rabbia. I Buddha hanno raggiunto la libertà e la liberazione eliminando completamente la rabbia. La cosa più difficile è sradicare la rabbia dalla mente. Quando la nostra mente non pensa più alla rabbia, la furia non si manifesterà naturalmente.

Si (Ignoranza):

“Si” è l’ignoranza, la cecità, l’oscurità. La persona ignorante non è perspicace, non riflette e non comprende correttamente la verità per giudicare ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato, vantaggioso o dannoso… quindi commette azioni impure e peccaminose, dannose per sé e per gli altri. Si, l’ignoranza, nel linguaggio comune è chiamata “stupidità”. L’ignoranza oscura la mente, impedendo alle persone di vedere le impurità che le rodono dall’interno, facendo sì che i vizi aumentino gradualmente e alla fine portino le persone sulla via del peccato perpetuo. Il Buddha insegnò che l’ignoranza è la cosa più impura e dannosa. Bisogna abbandonare l’ignoranza per diventare puri.

Di solito non si teme la comparsa di “avidità” e “rabbia”, ma si teme la propria mancanza di consapevolezza, si teme solo di essere ignoranti. Se “avidità” e “rabbia” emergono, ma siamo abbastanza perspicaci da giudicare tempestivamente, senza ignoranza, allora avidità e rabbia non potranno farci nulla. Chi studia il Buddismo deve eliminare la propria ignoranza, essere sempre lucido in ogni cosa, coltivare la mente per raggiungere la “non ignoranza”. Non ignoranza significa assenza di oscurità e illusione. In ogni cosa, bisogna avere sempre saggezza e discernimento, considerare e giudicare prosperità e declino, bene e male, giusto e sbagliato… In questo modo, le nostre azioni saranno giuste, eviteremo i danni, porteremo benefici a noi stessi e agli altri, sia nel presente che nel futuro.

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