Il brainrot, letteralmente “marciume cerebrale”, descrive il deterioramento mentale o intellettuale, spesso associato al consumo eccessivo di contenuti online banali o privi di valore.
Il termine indica anche “qualcosa che si ritiene possa causare tale deterioramento”. In parole semplici, trascorrere ore sui social media consumando contenuti superficiali è un chiaro sintomo di brainrot.
Nel 2024, le ricerche per “brainrot” sono aumentate del 230%. Sebbene di recente diffusione, il termine compare già nel libro Walden di Henry David Thoreau del 1854. Molti giovani ammettono di passare ore sui social, consumando informazioni e intrattenimento nel tempo libero. In media, un giovane può dedicare 5 ore al giorno a Facebook, TikTok e Threads.
L’esposizione prolungata a contenuti brevi rende molti “insofferenti” di fronte a video o testi più lunghi. Si tende ad accelerare la velocità di riproduzione o a “saltare” contenuti percepiti come troppo impegnativi rispetto a quelli fruibili in 2-3 minuti. Questi ultimi offrono una gratificazione immediata, ma lasciano un senso di vuoto e “calo di umore” una volta terminati.
L’uso eccessivo dei social media può anche demotivare all’intraprendere altre attività.
Per evitare il “brainrot”, è fondamentale ridurre il tempo trascorso online. Si può scorrere rapidamente i feed o nascondere i post per evitare suggerimenti simili. Invece di TikTok, si può dedicare il tempo libero ad hobby come la danza, la musica o le uscite all’aperto.
Le piattaforme social offrono promemoria sul tempo di utilizzo giornaliero. Ridurre il consumo di contenuti online è possibile modificando le proprie abitudini e dedicandosi ad attività che stimolano il cervello. Il brainrot evidenzia i pericoli della vita virtuale e dell’uso del tempo libero, aprendo un nuovo capitolo nella discussione culturale su uomo e tecnologia.